ANEURISMA DELL’AORTA ADDOMINALE
L’aneurisma è una dilatazione permanente di un’arteria che determina un incremento del suo diametro medio di almeno il 50% (1). Esso è legato ad una debolezza della parete dell’arteria che nel tempo porta alla sua rottura. Può essere sia di tipo congenito sia acquisito però, statisticamente parlando, il secondo tipo è molto più frequente. Molto spesso è a carico dell’aorta addominale (AAA) (Figura 1 e Figura 2), specie nel tratto al di sotto le arterie renali, e può coinvolgere anche le arterie iliache.
Fig. 1-Disegno schematico di aneurisma dell’aorta addominale sottorenale
Fig. 2-Videoclip che mostra una ricostruzione tridimenzionale generata con TAC a 64 strati di un aneurisma infrarenale
Nel 10% dei casi L’aneurisma coinvolge il tratto al disopra delle arterie renali e quindi anche le arterie viscerali (quelle che portano sangue al fegato, intestino, reni, milza, pancreas ecc.). In questo caso si parla di aneurismi toraco-addominali (TAAA) (inserisci hyperlink).
L’aneurisma colpisce con maggiore frequenza il sesso maschile e l’attuale rapporto tra i due sessi è di quattro a uno. Riconosce una forte predisposizione familiare nel senso che è frequente che più membri della stessa famiglia siano affetti dalla stessa malattia (padre, madre, fratelli, cugini, figli e nipoti). L’incidenza dell’AAA è quadruplicata negli ultimi 20 anni e ciò non solo per un incremento vero della malattia ma anche per le attuali migliorate possibilità diagnostiche.
Il 75% di tutti gli AAA non dà alcun sintomo (asintomatici) e, purtroppo, la prima manifestazione a volte è la rottura. Quest’evenienza è la più temibile in quanto può causare una grave emorragia interna (perdita di sangue) che può essere fatale o causare complicanze gravissime (Figura 3).
Fig. 3-Esplorazione addominale che mostra una estesa emorragia causata da un aneurisma addominale rotto
A tutt’oggi l’unico trattamento possibile è quello chirurgico sia di tipo tradizionale che endovascolare. Nessun farmaco è in grado di prevenire o controllare la crescita di un AAA che in media è di 5 mm l’anno (2).
Trattamento tradizionale
L’intervento tradizionale può essere condotto, seconda del caso clinico, sia per via anteriore (incisione mediana longitudinale che interessa la maggior parte dell’addome) che per via lombotomica, retroperitoneale (incisione nel fianco estesa all’addome. Una volta entrati nella cavità addominale, l’aorta da sotto le arterie renali fino alla biforcazione è sostituita con una protesi tubolare in materiale sintetico (Dacron o PTFE) (Figura 4).
Fig. 4 -A sinistra, aneurisma addominale; a destra una protesi tubolare di Dacron è cucita ai monconi dell’aorta
A volte questa protesi è biforcata quando l’aneurisma si estende alle arterie iliache ed è necessario sostituire la biforcazione aortica (Figura 5).
L’intervento richiede 2 o 3 ore. Il paziente dopo l’intervento viene trasferito in terapia intensiva dove trascorre uno o due giorni e successivamente nel piano di degenza regolare dove in media rimane altri 6-7 giorni. L’intervento di chirurgia aperta tradizionale è un intervento che è stato dimostrato avere un elevato successo nel trattamento degli aneurismi addominali con una mortalià media del 5% ed una incidenza di complicanze del 10-15%.
Fig. 5-Reperto intraoperatorio mostrante una sostituzione dell’aorta con protesi biforcata di Dacron
Trattamento endovascolare
Il trattamento endovascolare è una tecnica relativamente recente. Invece di eseguire una lunga incisione nell’addome, si fanno due piccole incisioni nella regione inguinale (Figura 6) per esporre le arterie femorali, cioè le arterie che portano sangue alle gambe. Attraverso questi piccoli tagli e queste arterie, si inseriscono dei cateteri, uno dei quali delle dimenzioni di 6-7mm di diametro.
Incisioni inguinali orizontali per il trattamento endovascolare di aneurismi aortici-Fig. 6
Quest’ultimo contiene uno stent coperto (cioè rivestito di un materiale sintetico –Dacron o PTFE) il quale viene introdottorodotto ed aperto dentro l’aorta sotto le arterie renali. Questo stent quindi crea una nuova via dentro l’aorta dove il sangue scorre, evitando di riempire e quindi pressurizzare l’aneurisma. Si dice che l’aneurisma viene escluso e quindi non si può rompere perché le pareti non sono sottoposte allo stress della pressione sanguigna. In diverse parole si potrebbe dire che l’aorta viene rinforzata dall’interno inserendo dentro di essa un tubo di rinforzo.
L’intervento viene fatto in anestesia locale o regionale, raramente in anestesia generale. Il paziente in genere non va in terapia intensiva e viene dimesso dopo due o tre giorni. Anche questo tipo di intervento meno invasivo, ha un rischio anch ese basso di mortalità (1-2%) e di complicanze (5%). Raramente conplicanze intraoperatorie richiedono che l’intervento endovascolare venga convertito in un intervento tradizionale. E’ anche importante capire che una volta che uno stent endovascolare è introdotto, il paziente deve essere seguito ad intervalli regolari con ecografia o tomografia computerizzata. Il motivo è che questi stent si possono muovere causando il rientro del sangue dentro l’aneurisma che in questo caso sarebbe di nuovo esposto al rischio di rottura. Il nostro oganismo non ha alcun problema nell’accettare sia le protesi usate per la chirurgia tradizionale che quelle usate per la chirurgia endovascolare, nei loro confronti non determina reazioni di rigetto.
Fig. 8-Riparazione di un aneurisma addominale con introduzione di uno stent endovascolare
Complicanze
L’intervento chirurgico, sia nella procedura tradizionale che in quella endovascolare, presenta però alcuni rischi di complicanze derivanti sia all’intervento stesso (complicanze specifiche) sia dalla complessa e multidistrettuale patologia vascolare di cui è affetto il paziente per il quale é stata posta l’indicazione chirurgica (complicanze generiche). Queste complicanzioni possono interessare: cuore, cervello, reni e polmoni, fegato e fattori della coagulazione. Si può inoltre verificare una complicazione emorragica proprio durante l’intervento atto a prevenirla. Può inoltre comparire un’ostruzione embolica delle arterie a valle del distretto operato che può richiedere un ulteriore intervento chirurgico (immediato o più tardivamente). I rischi generici vengono valutati sia mediante le indagini strumentali che mediante le indagini cliniche (valutazione chirurgica, anestesiologica, cardiologica, radiologica e quant’altro venga ritenuto utile caso per caso da parte dell’équipe chirurgica responsabile).
Aneurismi rotti
Se l’aneurisma si rompe, l’80% degli individui muore senza neanche raggiunge l’ospedale. Di quelli che raggiungono l’0spedale e sono sottoposti all’intervento di riparazione che in genere è per via tradizionale, LA MORTALITA’ E’ SUPERIORE AL 50%.
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