L’intervista – Dr.ssa Alessandra Panarello
Il mondo Morgagni è costellato da una moltitudine di caratteristiche. Una delle più significative è la massiccia presenza di donne divise fra i servizi medici e infermieristici. Donne che quotidianamente dimostrano professionalità, affidabilità e senso di appartenenza al gruppo di cui fanno parte. Oggi la nostra chiacchierata è con Alessandra Panarello, operatore di medicina interna che volentieri ha accettato di farsi intervistare per dire la sua sul lavoro che svolge.
Dott.ssa Panarello ha lasciato il pubblico per il privato nel 2002. Lavorava al Santa Marta e ha scelto di continuare la sua attività nella casa di cura Morgagni. Perchè? Cosa ha trovato nel gruppo Morgagni che non le ha fatto rimpiangere la sanità pubblica?
“Tanta professionalità, spirito di collaborazione, voglia di fare, splendido rapporto con i pazienti e con tutto lo staff medico e infermieristico. Come dire, per 16 anni è come se avessi lavorato in famiglia, in un luogo in cui le mie capacità venivano apprezzate e valorizzate e in cui la donna ha lo stesso “valore” dell’uomo. Non rimpiango dunque questa scelta, e se dovessi tornare al 2002 la rifarei senza un attimo di esitazione”
Dunque 16 anni assolutamente soddisfacenti dal punto di vista umano e da quello professionale…
“Sì, senza alcun dubbio. Sono stata accettata volentieri nel gruppo di cui facevano parte oltre al prof. Sfogliano, altri illustri professionisti. Sono stati anni intensi, pieni di lavoro, ma anche assolutamente piacevoli. Cosa dire? Ho lavorato con passione, entusiasmo, affinando le mie caratteristiche professionali”.
Ma in questi 16 anni qualcosa di storto ci sarà pure stato…
“Nel complesso il bilancio è del tutto positivo. Forse l’unica cosa che ha lasciato un’ombra nella mia attività è stato a volte il rapporto con i parenti dei malati. I pazienti sono pazienti nel vero senso della parola, cioè si fidano e attendono con serenità l’esito delle cure. A volte è capitato che qualche congiunto ha usato toni sbagliati nei nostri confronti, esigendo risposte immediate. Ma è chiaro che così non può sempre essere. Bisogna attendere l’esito delle cure, degli esami, prima di potersi esprimere con un accettabile grado di certezza. Comunque anche questo fa parte del lavoro, un lavoro bellissimo perché è a disposizione delle persone, di persone che soffrono e che noi medici abbiamo il dovere di rimettere in piedi”.
Mi diceva prima che ama l’attività fisica, lo sport…
“Sì, vado in palestra, è importante per me sentirmi in forma fisicamente. E le dirò che ho tanto amato anche il tango. Lo amo ancora ovviamente ma purtroppo non posso più praticarlo come una volta, il lavoro viene al primo posto”.
GIGI MACCHI
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